Presentazione del volume “Dai protomartiri francescani ad Antonio da Padova”

Venerdì 10 giugno alle 17 al Museo Diocesano di Terni si è svolta la presentazione del volume Dai protomartiri francescani ad Antonio da Padova, atti della giornata internazionale di studi (Terni, 11 giugno 2010) pubblicato dal Centro di studi Antoniani di Padova.

All’incontro sono intervenuti il vescovo Vincenzo Paglia, don Lorenzo Cappelletti, docente del Pontificio Collegio di Anagni e della Pontificia Università Antonianum di Roma, padre Pietro Messa, preside della Scuola di studi medievali e francescani dell’Università Antonianum, Luciano Bertazzo, direttore del Centro studi antoniani di Padova e don Claudio Bosi, direttore dell’Ufficio per i beni culturali della Diocesi di Terni Narni Amelia.

Intervento Terni 10 giungo 2011

Si può dire che veramente la serie di iniziative di questi ultimi anni volte alla riscoperta e valorizzazione della santità dei Protomartiri Francescani ha avuto origine dalla liturgia.

Infatti la liturgia dei Protomartiri Francescani che i Francescani celebrano il 16 gennaio, a Terni non poteva che assumere un particolare aspetto di festosità, essendo essi oriundi di questa terra. Ad un certo punto – sempre all’interno della festa liturgica – parafrasando la celebre frase di Tertulliano, si è coniato e approfondito l’assioma “il sangue dei Protomartiri Francescani è diventato il seme della vocazione minoritica di sant’Antonio di Padova”.

Riconoscendo poi che quel sangue era oriundo di questa terra, ecco che alla suddetta riflessione si è aggiunto il desiderio di approfondire la peculiarità del francescanesimo della Diocesi di Terni-Narni-Amelia vista proprio nella vicenda dei Protomartiri Francescani.

Ma riscoprire, narrare e divulgare la loro vicenda non era facile: da anni si trascinava un giudizio negativo – anche, se non soprattutto, all’interno del mondo francescano – nei loro confronti essendo visti come una sorta di integralisti e fanatici da dimenticare non solo come una delle pagine contraddittorie della storia francescana, ma persino che non compresero e vissero la novitas di frate Francesco. Accanto a ciò si vedeva il rischio di pericolose strumentalizzazioni in funzione antiislamiche, se non persino di possibile appiglio per gesti terroristici; basta ricordare ricordi che era passato poco tempo dal discorso di Benedetto XVI a Ratisbona del 12 settembre 2006 e gli strascichi erano ancora vivi, così come anche le reazioni violente alle vignette satiriche contro l’Islam pubblicate in Danimarca non da un giornale di grande diffusione, ma da un “foglio” locale.

Per dirla in breve i Protomartiri Francescani risultavano sempre più – per usare termini popolari – come degli scheletri nell’armadio di cui sbarazzarsi appena possibile e senza farsi notare.

Tuttavia si accolse la sfida e nel 2009 Esperia Urbani pubblicò per le Editrici Velar-Elledici il libretto di alta divulgazione “Protomartiri Francescani”; il testo fu rivisto più volte onde evitare qualsiasi espressione che poteva risultare ambigua, offensiva o controproducente, ma nel frattempo non venire meno a quanto riportato dalle fonti.

Con stupore ebbe una grande diffusione e suscitò interesse in due direzioni che continuavano ad intrecciarsi: la riscoperta della vicenda dei Protomartiri Francescani e la valorizzazione della storia e patrimonio francescano della Diocesi di Terni-Narni-Amelia.

Circa questo secondo punto Giuseppe Cassio scrisse il libro dal significativo titolo Oltre Assisi. Con Francesco nella terra dei protomartiri attraverso l’Umbria ternana pubblicato sempre da Elledici-Velar che ebbe una grande diffusione, superiore al previsto. Accanto a questo ci fu anche il documentario La vocazione di Antonio prodotto da San Polo Productions e Rai Cinema, di Salvatore Braca e Andrea Cherubini per la regia di Andrea Cherubini

Riguardo invece alla ricerca e all’approfondimento scientifico si è organizzato il Convegno di cui questa sera di presentano gli Atti. La programmazione, determinazione dei temi da trattare e ricerca di relatori competenti ha richiesto un anno di lavoro e questo onde evitare improvvisazioni – sinonimo di superficialità – che purtroppo spesso non mancano.

Grazie a studiosi preparati, ma anche che si sono preparati con competenza, si è giunti così a svolgere la giornata di studio Dai protomartiri francescani a sant’Antonio di Padova in cui Isabelle Heullant Donat, dell’Università di Reims Champagne-Ardenne, ha illustrato I francescani e il martirio nel secolo XIII; Luciano Bertazzo, del Centro Studi Antoniani di Padova, da parte sua ha tenuto una relazione circa I protomartiri francescani tra storia e agiografia; Antonio Rigon, dell’Università degli Studi di Padova, ha illustrato La morte dei Protomartiri francescani e la vocazione di sant’Antonio; Mary Melone, della Pontificia Università Antonianum, Il martirio nei Sermoni di sant’Antonio; Giuseppe Cassio, dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Terni-Narni-Amelia, ha illustrato L’iconografia dei Santi Protomartiri; Salvatore Barbagallo della Pontificia Università Antonianum ha affrontato il tema de La liturgia dei santi Protomartiri Francescani. Le Conclusioni sono state fatte dal prof. Franco Cardini dell’Istituto Italiano di Scienze Umane di Firenze il quale ha posto la domanda circa il motivo dei diversi esiti della predicazione esplicita dei frati Minori giunti in Marocco e dell’incontro di Francesco con il Sultano: mentre i primi giunsero a uno scontro culminato nel martirio, nel secondo caso ci fu rispetto reciproco. Tale conclusioni sembravano riproporre l’imbarazzo e presenza scomoda dei Protomartiri Francescani nella storia che si riconosce “nel nome di san Francesco”.

Tuttavia le relazioni del convegno che ora vengono pubblicate – soprattutto l’affermazione di Isabelle Heullant Donat che anticipando un suo corposo studio che sta per essere pubblicato ha detto che nei secoli XIII-XIV della storia francescana il martirio è un tema importnate, soprattutto in relazione alla missione – e anche il concomitante omicidio di padre Luigi Padovese – frate cappuccino, vescovo e testimone della fede ucciso con modalità che appaiono come in odium fidei – ha reso ancora più urgente l’approfondimento della vicenda dei Protomartiri Francescani.

Per questo il 15 gennaio scorso si è tenuto sempre qui l’incontro Dai Protomartiri Francescani a monsignor Luigi Padovese: missione e martirio nella storia francescana in cui il professor José Martínez Gázquez, dell’Università Autonoma di Barcellona, ha illustrato il tema Cristiani e musulmani nella Penisola Iberica nel XIII secolo; la professoressa Cándida Ferrero Hernández, sempre dell’Università Autonoma di Barcellona, ha trattato dei Martiri francescani in Occidente islamico (ss. XIII-XVII); il professor Paolo Martinelli, ofmCap, ha svolto la relazione Il motivo per cui vivere – il motivo per cui morire. La testimonianza di mons. Luigi Padovese, vicario apostolico in Anatolia. Importante la relazione di Cándida Ferrero Hernández che, mettendo in evidenza la risposta che – secondo una delle fonti – i Protomartiri francescani diedero quando il re ordinò di decapitarli – «Fratelli abbiamo ottenuto quello che volevamo, stiamo saldi e non abbiamo paura di morire per Cristo» –, ha mostrato che in questi dati abbiamo la prova che le prime spedizioni minoritiche sono viaggi in ricerca del martirio, non senza polemiche da parte dei contemporanei. La missione presunta dei frati non è estranea al bilancio ascetico-mistico, e lo sviluppo della letteratura ha portato alla formulazione del topos del martire cristiano nel territorio dei musulmani. Proprio in questa prospettiva originaria, ossia di esaltare la santità dei frati Minori morti martiri – e non della disputa tra cristiani e mussulmani –, che vanno lette tali narrazioni agiografiche; in fondo chi fosse il carnefice non è la realtà più importante.

Basti pensare ad esempio a Filippo e Giacomo, due frati Minori di Foligno; venuti a conoscenza della triste situazione dei cittadini di Bevagna taglieggiati dagli sgherri di Trincia Trinci, Signore di Foligno, ispirati dal Signore e con il permesso dei superiori si recarono quindi a Bevagna per tentare la pacificazione degli animi; tuttavia, mentre predicavano, furono arrestati dai capitani di Trincia e, accusati di essere i fautori della cospirazione popolare, vennero trucidati nella piazza di Bevagna. Era il 2 settembre 1377. Alcuni bevanati, sottratti i corpi dei due religiosi, li trasportavano per seppellirli degnamente ma, incontrato un drappello di soldati dei Trinci, furono malmenati, e i due corpi gettati nel Topino (che all’epoca lambiva Bevagna). Un’arca di legno senza vela, senza remi e senza guida risaliva la corrente del fiume, finché non si fermò presso la chiesa di San Magno. Forzato il coperchio della cassa, i folignati vi trovarono i due corpi di Filippo e Giacomo, che emanavano profumo e le cui ferite sanguinavano. Alla notizia del rinvenimento una gran folla li raccolse e trasportò in processione verso la Cattedrale di San Feliciano, all’interno della quale, per quanti sforzi facessero, non riuscivano ad introdurre i due corpi. Improvvisamente, però, si sentirono squillare a festa le campane di San Francesco, senza che alcuno le suonasse. Di fronte a tale prodigio, tutti si diressero nel convento dove i due frati avevano trascorso tutta la loro vita e lì li tumularono.

Il 15 aprile scorso intervenendo all’incontro Cuore e mente per seguire Cristo con santa Chiara d’Assisi Paolo Martinelli illustrando il tema Dal desiderio di martirio di santa Chiara a mons. Luigi Padovese ha ripreso i risultati degli studi di Cándida Ferrero Hernández e rinviando a quanto scrive l’Assisiate nella Regola non bollata circa il modo di andare tra i saraceni ha affermato:

Da qui si può notare che nelle due modalità indicate da Francesco non c’è una visione “anonima” della testimonianza; anche l’esempio della vita – senza annuncio esplicito della Parola – è sempre accompagnata dalla confessione della fede. Successivamente, per ispirazione del Signore si può arrivare all’annuncio esplicito della Parola al fine di suscitare la fede nella santissima Trinità.

Considerato il carattere confessante della testimonianza voluta da Francesco per i suoi frati, si può comprendere perché i più recenti studi sul desiderio di martirio presente nella famiglia francescana degli inizi, sfumano la classica contrapposizione sentita tra il capitolo XVI e i racconti agiografici su questo punto: infatti l’orizzonte interpretativo non è quello di un eroismo provocatorio nei confronti di una fede diversa, quanto piuttosto espressione della stima per Cristo, la passione di comunicare l’incontro con lui e di mettersi sulla scia della sua imitazione. In tal senso le agiografie francescane, dei protomartiri in particolare evidenziano che in essi e negli altri martiri francescani si ri-presenta ciò che avvenne nei martiri dei primi secoli, ossia la disponibilità a dare la vita per il Vangelo fino a morire.

Così la contrapposizione tra la vicenda di Francesco d’Assisi e il Sultano e quella dei Protomartiri Francescani non solo sembra sfumare, ma persino essere in un certo qual senso ideologica. In questo senso siamo in attesa degli Atti dell’incontro svolto a Firenze nel settembre 2010 circa Francesco e il Sultano in cui apparirà anche un contributo di Mary Melone inerente la componente del desiderio di martirio in tale incontro.

Il lavoro di ricerca non è terminato e ci sono altri aspetti da approfondire quali ad esempio i Protomartiri Francescani e la vicenda di santa Chiara d’Assisi; la loro immagine diffusa tra ‘800 e ‘900 soprattutto in relazione ad una modalità missionaria, la loro posizione nella iconografia dell’Albero francescano, ecc.

Il desiderio è quello di poter continuare tale ricerca con professionalità, ossia evitando ad esempio anacronismi, spostamenti semantici, attualizzazioni arbitrarie. C’è da riconoscere che questo non è facile perché la pressione culturale, sia da parte di singole persone che gruppi, è notevole. Per superarla può aiutare la consapevolezza che ciascuna epoca è responsabile delle risposte che dà alle varie occasioni o sfide del tempo presente e che il passato al massimo può offrire elementi che possono essere ritenuti come un aiuto – ma anche un ostacolo in certi casi – per affrontare la contemporaneità.

PIETRO MESSA